10 Idee per la democrazia
Vision ha prodotto dieci idee per il futuro della democrazia, al fine di avviare un dibattito su come riformare le istituzioni liberali.
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Introduzione
Viviamo nell’epoca dell’incertezza. L’incertezza pervade chiunque e permea qualsiasi aspetto della nostra realtà, dal mondo del lavoro a quello strettamente familiare, passando per la politica. Il lavoro che abbiamo oggi, tra qualche anno, potrebbe non esistere o sarà stravolto, ed anche la stessa nascita di nuove professioni è incerta. L’innovazione, soprattutto ma non solo quella tecnologica, fa da padrona. L’innovazione è croce e delizia, opportunità e rischio, per lo status quo delle nostre vite. Una ricerca e (ri)valutazione di una nuova forma ideale di Stato, che sia all’altezza del XXI secolo, sembra non essere più un mero esercizio di stile ma un’opzione, oltre che concreta, necessaria
1) Pubbliche deliberazioni riorganizzate intorno a specifici problemi che non dividono i cittadini lungo linee ideologie predeterminate
Le persone in giro per il mondo chiedono di partecipare sempre di più alle decisioni che impattano direttamente la propria esistenza. Non solo attraverso deleghe o esercizi di democrazia diretta, ma attraverso momenti di “partecipazione deliberativa”. Ma chiaramente ciò comporta la necessità di chiedersi quali tipologie di decisioni possono essere soggette a questa tipologia di processo decisionale ed evidentemente la risposta più ovvia è quelle non divisive, quelle non ideologiche, quelle che riguardano problemi concreti, misurabili, delle persone.
2) Elezioni più frequenti e trasformazione di un approccio stop-and-go in uno votato al constante miglioramento
Sebbene possa risultare contraddittorio, un esercizio più frequente di elezione di una parte dei componenti delle assemblee rappresentative (in parte succede già per le elezioni di una delle più importanti istituzioni ed antiche della democrazia liberale, il SENATO americano, i cui componenti sono rinnovati per un terzo ogni due anni e rimangono in carica per sei anni) potrebbero rendere le istituzioni contemporaneamente più rappresentative e più stabili e i cambiamenti meno distruttivi.
3) Elezioni rappresentative riorganizzate per politiche e per specifici servizi pubblici
La valutazione di un soggetto politico coinvolto in troppe aree decisionali sarebbe complessa da realizzare e tendenzialmente non basata su fatti concreti, quanto piuttosto su simpatie personali. A ciò si può rispondere attraverso ’elezione di coloro che hanno responsabilità amministrative o che sono alla guida di specifici enti che forniscono un servizio pubblico. Negli Stati Uniti, ad esempio, i Giudici in alcuni Stati sono soggetti a referendum confermativi. In Italia il Presidente di un’organizzazione come RAI potrebbe essere candidato ad un simile esperimento.
4) Nuovi criteri del diritto attivo al voto
Il principio “una testa, un voto” è stato storicamente fondamentale per l’abbattimento dei regimi monarchico-feudali, ma mai applicato completamente. Le regole maggioritarie volte a garantire un certo grado di stabilità politica (peraltro mai realizzata) già ora deformano questo principio. Quindi è pensabile che possa essere ridiscusso/ripensato, non annullato, per andare incontro alle esigenze del ventunesimo secolo e per favorire la sopravvivenza delle nostre istituzioni democratiche. La nostra idea è di provare a introdurre più degli incentivi che dei limiti; un’idea, ad esempio, è consentire ai genitori di minorenni la possibilità di votare per i figli con l’idea di rendere la partecipazione maggiormente capace di raccogliere un orizzonte temporale più lungo.
5) Riconsiderazione del diritto ad essere eletto
Si ribadisce come questo non voglia essere una compressione del diritto universale ad essere eletto, quanto piuttosto una misura simile alle quote rosa (già presente in Italia) volta a facilitare l’incremento delle diversità all’interno del Parlamento. A livello europeo, per l’elezione del Parlamento Europeo vi sono state proposte volte a far contare maggiormente i voti presi da un candidato in un Paese differente dal proprio. Tutto ciò per favorire la realizzazione di un’elezione più profondamente europea, transnazionale, e non una semplice trasposizione di interessi nazional-particolari. Più controversa, ma degna di essere discussa, è la richiesta di livelli minimi di competenze (linguistiche? amministrative?) che devono essere richieste ad un candidato (ciò accade già ora in Cina).
6) Collegi elettorali flessibili per nuove forme di cittadinanza
Un individuo che trascorre la propria vita in differenti Paesi ha minori possibilità di essere eletto rispetto a qualcuno rimasto sempre nello stesso posto perché ha un “collegio elettorale” non legato ad un territorio. Ciò ha prodotto una “classe globale” che ha le conoscenze ma è politicamente irrilevante, e una classe politica locale che, come in Italia, è molto lontana dal capire i fenomeni che stanno cambiando e modellando il mondo. Una possibilità è di fornire sia agli elettori che ai candidati la possibilità di aderire ad un collegio europeo.
7) Big data e trasparenza: da obbligo a obiettivo
La trasparenza è fondamentale affinché i cittadini possano esprimersi consapevolmente. La maggior parte delle amministrazioni europee ha l’obbligo di pubblicare i dati riguardanti le proprie performance, in modo tale da poter essere responsabili agli occhi dei propri cittadini. Ma ciò non è abbastanza. Bisogna misurare la prestazione dell’amministrazione anche in termini di effettivo utilizzo da parte dei cittadini di tale diritto (visite ai siti).
8) Una giustizia al servizio dei cittadini per una maggiore fiducia nello stato di diritto
L’impossibilità di richiamare la burocrazia alle proprie responsabilità è la chiave per la comprensione della sfiducia dei cittadini nei confronti delle leggi e l’elemento che deve essere combattuto per ricostruire un rapporto di fiducia cittadini-legge. La segnalazione di abusi deve essere incoraggiata anche aldilà di vere e proprie denunce all’autorità giudiziaria.
9) Internet: le possibilità per un nuovo e neutrale spazio di discussione pubblica
L’Europa potrebbe trovare un’opportunità storica nella costruzione di organizzazioni online autonome decentralizzate in grado di superare i limiti dei giganti dei social network: questo spazio deve essere pubblico (o regolato dal pubblico) come lo erano le strade, i binari e le piazze che nel diciannovesimo secolo hanno permesso e favorito lo scambio di beni prodotti tramite la rivoluzione industriale. Una possibilità che VISION sta esplorando è quella di sviluppare piattaforme pubbliche o di interesse pubblico a livello europeo.
10) L’imperativo dell’istruzione
Il corretto funzionamento dei processi democratici risiede nelle capacità dei cittadini di selezionare e processare informazioni per poter partecipare poi alla vita politica collettiva. La scuola pubblica (deve essere pubblica perché è da sempre anche leva fondamentale di coesione) è, infine, la leva più importante per una partecipazione consapevole. Paradossali a questo proposito i risultati del PISA TEST somministrato ai quindicenni in tutti i Paesi del mondo: al primo posto c’è la CINA (che non è Paese democratico), molto lontani l’Italia e gli Stati Uniti. È necessario, in questo senso, un fortissimo ribilanciamento della spesa e delle priorità delle società occidentali verso la formazione di capitale umano.
Conclusione
Per salvare la democrazia, quindi, è necessario superare l’inerzia che impedisce di creare un vero senso di comunità. Questa è la pietra angolare su cui costruire un nuovo ordine democratico che dà priorità alla conoscenza. Attraverso passaggi incrementali, procedendo con fiducia, possiamo sviluppare un sistema sociale intelligente e auto-apprendente, e garantire un progresso diffuso. I Paesi Occidentali devono agire con la stessa determinazione tenuta alla fine della Seconda guerra mondiale, senza perdere il controllo delle possibilità create dalle nuove tecnologie. Lo sviluppo della “democrazia del futuro” inizierà con piccole vittorie, durante le quali i cittadini “apprenderanno il nuovo metodo” (come raccomanda John Dewey) in modo tale da ricreare il consenso.